Paul Auster - 4321: o meglio «Quante vite avrei vissuto?»


Non penso di esagerare nel dire che questo romanzo sia un capolavoro. E voglio essere pignola: in realtà sono quattro romanzi. 939 pagine che contengono quattro vite diverse, seppur della medesima persona: Ferguson.

È proprio così. Paul Auster ci mette davanti al naso uno degli interrogativi che più ci frulla nella testa: «Come sarebbe stata la mia vita se avessi fatto x piuttosto che y?». E lui, in «4321» tenta di rispondere a questo interrogativo fornendoci quattro possibili e plausibili vite di Archie Ferguson. Nipote di un immigrato ebreo proveniente dalla Polonia, Archie nasce e vive a New York, città che rimane una delle costanti in tutti e quattro i "romanzi" interni. Il periodo coperto va dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, percorrendo tre tra i più importanti decenni della storia degli Stati Uniti d'America. Non mancheranno, infatti, le più gravi crisi internazionali che li videro protagonisti, John F. Kennedy, la Corea, il Vietnam, la marcia di Selma, Martin Luther King, Malcolm X, il Potere Nero, Nixon e il baseball (su questo ricorda vagamente Delillo, amico di Auster, tra l'altro). Questi accadimenti, insieme ad alcuni personaggi ricorrenti, sono costanti nella vita dei quattro Ferguson. 


Cambiano solo i ruoli e la psicologia dei personaggi, seppur di poco. La madre, Rosa, rimane sempre la donna forte ed indipendente per cui Ferguson stravede. Amy, la sua cara e amata Amy, è onnipresente, seppur in ruoli diversi, ma rimane sempre l'amore di Ferguson. Quella che lo mette spalle al muro e che, in un certo senso, contribuisce a fargli prendere determinate strade. Il suo gusto nel mondo della letteratura e della musica è plasmato dalla zia materna, e anche questo vale per tutti e quattro i romanzi. E allora cos'è che cambia? Cos'è che fa sì che Paul Auster riesca a scrivere di quattro Ferguson diversi? Le sfumature. Basta una piccola sfumatura, un piccolo cambiamento, una svolta a destra anziché a sinistra, perché la vita cambi completamente. Basta la rottura di un rapporto, una morte improvvisa, un tradimento, una scoperta introspettiva, una delusione familiare perché tutto il proprio piccolo mondo cambi.  Basta poco per trovarsi da un istante all'altro in California o in Francia. O invischiato in un rapporto personale e romantico che, in realtà, non si voleva. O venire delusi da un familiare a cui si voleva bene per farci cambiare percorso di vita e prospettiva.

Piccoli avvenimenti, ma anche grandi e più grossi di noi. Che sia un incidente in auto o uno scontro in una manifestazione universitaria, ci si deve poi mettere davanti alle conseguenze e quello che era non è più. E così si ha Ferguson1, Ferguson2, Ferguson3 e Ferguson4. Quattro personaggi così simili, ma anche così diversi. E se, nell'infanzia, il cambiamento si nota poco (soprattutto nei primi capitoli, dove ci si confonde con i vari Ferguson), man mano che il ragazzo cresce - e con lui anche tutti gli altri personaggi -, il cambiamento è sempre più grande. Ferguson rimane al centro di tutto, i personaggi si mescolano, così come si mescolano le carte in un mazzo per giocare nuove partite che daranno risultati diversi. Mano vincente e mano perdente. Successo e fallimento. Vita e morte. 

Siamo davanti ad uno dei nostri più grandi interrogativi. Noi umani abbiamo una sola vita, non abbiamo la possibilità di vedere «Cosa sarebbe successo se...?», è solo un privilegio narrativo. Le quattro possibilità narrate da Auster sono tutte plausibili, tutte reali. E, conoscendo un po' la vita di Paul Auster, vediamo come questo romanzo attinga a fatti che gli sono accaduti (suo padre morì all'improvviso mentre era a letto con la compagna, proprio come il nonno di uno dei Ferguson morì all'improvviso mentre era a letto con l'amante). In questo 4321, Auster romanza la sua fanciullezza ripercorrendo quegli anni in cui ognuno di noi si plasma, prendendo effettivamente la strada che poi sarà la sua vita, in costante evoluzione. 

Lo ha scritto a 66 anni, in tre anni. E dentro ci ha messo di tutto. Sì, perché non è solo un romanzo su questo tizio di nome Archibald Isaac Ferguson, ma è molto di più. È un romanzo che narra per bene il periodo storico degli anni Sessanta degli Stati Uniti. È un romanzo pregno di letteratura e di cinema internazionale. Ferguson viene formato nelle arti, e noi lettori con lui. Inoltre, ed è altrettanto importante, è un potente strumento didattico per chiunque voglia imparare a scrivere. È un manuale di scrittura e chi ama questo mestiere saprà farne tesoro. Tra consigli ed esercizi, Paul Auster ci lascia un vero e proprio gioiello su cui studiare e fare introspezione. 

Non conoscevo Paul Auster, classe 1947 proprio come Archie, prima di accingermi a leggere questo suo ultimo e mastodontico lavoro. Sicuramente recupererò anche il resto della sua bibliografia. E a chi dice che questo libro è inutile e prolisso, rispondo che, per quanto possa essere denso di parole e pregno di fatti, offre anche tantissimi spunti di riflessione e che la scrittura di Auster non risulta per niente pesante, anzi è molto scorrevole e magnetica. 

E come leggere questo libro? Onestamente? Come più vi aggrada. Potete scegliere la linea narrativa del romanzo, cioè iniziare dalla prima pagina e terminare con l'ultima. Oppure dividere la lettura e dedicandovi ad un Ferguson per volta, iniziando dal Ferguson che volete. Non c'è una regola. Io, personalmente, ho scelto la prima: girando la copertina, mi sono immersa nella lettura pagina dopo pagina, Ferguson dopo Ferguson. I primi capitoli mi hanno creato un po' di confusione, ma poi è sempre più semplice seguire la narrazione. Perciò non lasciatevi spaventare dal numero di pagine, non lasciatevi spaventare dal peso del libro e godetevelo, immergendovi in queste quattro storie e vivendole insieme ad Archie e a Paul Auster!

Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate!

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